Protesi anca: visita, intervento chirurgico e riabilitazione
Protesi anca: la guida con tutte le informazioni di cui hai bisogno su patologie, intervento, riabilitazione
Dr. Paolo Filippini
Chirurgo Ortopedico Specialista del ginocchio
Non sarà soltanto una brutta radiografia dell’anca a farci propendere per la protesi. L’aspetto più importante da considerare è il benessere della persona: se il dolore all’anca è forte e frequente e non si è più autonomi nello svolgimento delle più semplici attività quotidiane, allora la protesi d’anca può essere una soluzione davvero efficace per ripristinare una situazione di normalità
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Come funziona un’anca sana?
Un buon impianto protesico ha il compito di riprodurre il regolare funzionamento dell’articolazione naturale, ripristinando così quelle condizioni di “normalità” di cui si godeva prima del suo deterioramento. Per comprendere quanto sia fondamentale avere un’anca che funzioni correttamente bisogna sapere com’è fatta questa importante parte anatomica e quali compiti svolge.
L’anca (o articolazione coxofemorale) congiunge bacino e arti inferiori ed è la più grande articolazione dello scheletro umano. Grazie al suo delicato sistema dinamico siamo in grado di camminare, stare in piedi e muovere le gambe.
L’anca è composta da tre componenti principali:
La testa del femore, ovvero l’estremità superiore dell’osso della coscia, di forma sferica;
La cavità acetabolare (o cotìle) ovvero un incavo osseo formato dalla convergenza di ischio, ileo e pube;
Una serie di legamenti (ileofemorale, ischiofemorale, pubofemorale, rotondo del femore e acetabolare trasverso).
La testa del femore, muovendosi all’interno dell’acetabolo, ci consente di eseguire vari movimenti dirigendo gli arti inferiori verso l’alto (flessione), verso il basso (estensione), lateralmente verso l’esterno (adduzione), verso l’interno (abduzione) e circolarmente (rotazione). Insieme a colonna vertebrale, ginocchio e piede, l’anca riveste dunque un ruolo fondamentale nell’atto del camminare e nel mantenimento della postura eretta.
Perché la protesi? Patologie invalidanti dell’anca
Può capitare che il corretto funzionamento delle nostre anche venga compromesso in maniera più o meno grave. Ciò si può verificare come conseguenza ad esempio di traumi dovuti a un incidente o anche ad una semplice caduta. Oppure a causa di patologie, come quelle di origine reumatica. L’anca è un’articolazione sottoposta a continue sollecitazioni e può andare incontro ad un graduale processo di usura, riscontrabile soprattutto in età più avanzata. Vediamo in dettaglio quali sono le principali alterazioni a carico dell’anca che, per i loro esiti sulla funzione articolare, possono richiedere l’impianto di una protesi ortopedica:
Coxartrosi
L’artrosi dell’anca è una delle artropatie più diffuse al mondo e consiste in un’alterazione degenerativa della cartilagine articolare. Si distinguono due forme: l’artrosi primaria colpisce verso i 40-50 anni ed ha origine in un difetto del metabolismo dei condrociti (le cellule che producono il tessuto cartilagineo); l’artrosi secondaria può insorgere dopo i 60-70 anni ed è correlata invece al naturale processo di invecchiamento della cartilagine articolare. In entrambi i casi, femore e acetabolo, progressivamente privati della naturale protezione cartilaginea, vengono a contatto diretto e questo sfregamento anomalo tra ossa porta a un deterioramento dell’intero sistema articolare, con conseguente difficoltà di movimento e dolore. L’artrosi è una patologia degenerativa, il cui decorso può essere sicuramente rallentato da cure e trattamenti conservativi, ma che nel medio e lungo periodo può avere esiti invalidanti con i quali è difficile convivere. L’artrosi all’anca può essere di origine post-traumatica e quindi presentarsi in pazienti giovani che hanno subito incidenti o che hanno praticato a lungo attività caratterizzate da intenso sforzo fisico (lavorative , sportive).
Displasia dell’anca
Questa patologia, detta anche lussazione congenita dell’anca, viene di solito diagnosticata quando si è bambini. Per via di una malformazione congenita, la testa del femore e la capsula acetabolare non collimano perfettamente e l’articolazione risulta così instabile. Se non viene trattata precocemente, la displasia dell’anca può ripresentarsi in età giovanile o adulta e comportare diversi problemi esponendo l’anca a frequenti lussazioni e sublussazioni.
Osteonecrosi della testa del femore
L’osteonecrosi è una particolare condizione patologica caratterizzata da un mancato afflusso di sangue che porta alla morte del tessuto osseo. Quando colpisce la testa dell’osso femorale, il problema si ripercuote su tutta l’articolazione dell’anca, compromettendone il corretto funzionamento. Il sintomo più ricorrente di tutte queste patologie è il dolore all’anca (coxalgia). La tipologia del dolore, la sua localizzazione esatta e la frequenza con cui si manifesta possono variare di caso in caso e a seconda del disturbo di cui si soffre.
Conflitto femoro-acetabolare
Con questa definizione si identifica una situazione irregolare per cui testa del femore e acetabolo vengono a contatto in maniera anomala. Questa condizione patologica è causata da difetti anatomici osteoarticolari dovuti a malformazioni congenite o ad errate calcificazioni dell’osso conseguenti a traumi.
Com’è fatta una protesi d’anca?
Morfologia protesi anca. La protesi d’anca non è altro che un’articolazione artificiale realizzata in metallo e ceramica e materie plastiche, progettata per assolvere le stesse funzioni di un’anca naturale. L’impianto protesico è composto da tre diversi componenti:
Il cotile artificiale, a forma di coppa, che viene inserito a pressione all’interno dell’incavo acetabolare del bacino;
La testa protesica femorale, di forma sferica, che andrà ad essere inserita all’interno del cotile;
Lo stelo, che si innesta nell’osso femorale consentendo l’integrazione della testa artificiale.
Grazie a queste componenti artificiali, il meccanismo dinamico dell’anca naturale viene riprodotto fedelmente, per garantire un ripristino pieno della normale funzione articolare dell’anca.
Esistono due tipologie diverse di protesi d’anca.
Nella cosiddetta artroprotesi d’anca (o protesi totale) il nuovo sistema artificiale sostituisce l’articolazione nel suo complesso, sia nella parte cotiloidea che in quella femorale;
Siamo invece in presenza di un’endoprotesi d’anca (o protesi parziale) quando ad essere “rimpiazzata” è solo la testa del femore.
Si sente parlare spesso anche di protesi d’anca non cementata: sfruttando le apposite superfici rugose dei nuovi impianti protesici, in grado di aderire all’osso con molta facilità, oggi è possibile fissare la protesi senza utilizzare cementi specifici, ma lasciando che sia l’osso, composto da cellule viventi, ad integrarsi in maniera naturale alla protesi stessa. Si definisce protesi d’anca bilaterale il caso in cui l’intervento viene eseguito in contemporanea su entrambe le anche.
Protesi anca: impianti di ultima generazione
Grazie ai risultati della tecnologia biomedica con cui vengono realizzate oggi le componenti ortopediche, la chirurgia contemporanea può disporre di protesi di anca di elevata qualità e sempre più somiglianti, nella forma e nel meccanismo di funzionamento, a un’anca vera. Le caratteristiche di questa nuova generazione di impianti protesici sono riconducibili a quattro concetti chiave:
Sicurezza
le nuove protesi d’anca sono progettate per avere una maggiore capacità di rimanere ancorate alle strutture ossee, riducendo così i rischi di una loro mobilizzazione con l’andar del tempo;
Funzionalità
l’ottimizzazione dei sistemi di scorrimento nelle nuove componenti protesiche riduce le problematiche di usura dell’impianto e l’eventualità di dover ricorrere a un secondo intervento;
Biocompatibilità
le caratteristiche morfologiche delle nuove protesi d’anca e l’utilizzo di materiali appositamente selezionati rende gli impianti sempre più compatibili con le ossa umane, riducendo fortemente il rischio di reazioni allergiche o di rigetto;
Longevità
oggi calcoliamo la durata di un impianto protesico coxofemorale nell’ordine delle decine di anni. E’ realistico pensare che, in molti casi, le protesi d’anca posizionate oggi potranno durare anche tutta la vita.
Quando è consigliata la protesi d’anca?
L’intervento di artroplastica dell’anca è consigliato ai soggetti che soffrono di patologie dell’anca in stadio avanzato e cronico. Esami clinici e radiografie sono fondamentali per acquisire informazioni utili sullo stato di salute del paziente. Altrettanto importanti, però, sono le valutazioni sulla percezione del dolore e sull’autonomia di movimento.
Convivere con la coxalgia è possibile. Esistono infatti numerose terapie conservative per tenere sotto controllo il dolore, come sedute di fisioterapia in abbinamento ad opportune cure a base di farmaci, trattamenti termali (es. fangoterapia) o cicli infiltrativi con acido ialuronico. Quando però questi rimedi non riescono a dare sollievo dal dolore e a garantire una qualità della vita dignitosa, allora va presa in considerazione l’ipotesi chirurgica.
Esistono in effetti alcuni sintomi rivelatori di una situazione che ha raggiunto un livello di guardia; ne citiamo due su tutti:
Forte dolore all’anca dopo aver percorso qualche decina di metri o rimanendo a lungo in piedi;
Evidente difficoltà nel piegarsi in avanti, ad esempio per infilare un calzino o allacciarsi le scarpe.
In presenza di questi sintomi è necessario approfondire al più presto la situazione con una visita ortopedica specialistica e con tutti gli esami diagnostici del caso, per verificare e diagnosticare tempestivamente l’effettivo stato di salute dell’anca o delle anche (nel caso in cui i problemi si manifestino bilateralmente) e discutere se sia necessario o meno operare.
Protesi dell’anca in pazienti giovani (e meno giovani)
Fino a pochi anni fa il fattore età era determinante nella decisione di ricorrere o meno a un’artroplastica dell’anca. Sii limitavano gli interventi sui pazienti giovani per non doverli costringere a convivere con una parte anatomica artificiale per tutto il resto della vita e per evitare di dover revisionare la protesi a distanza di pochi anni. Anche sui pazienti troppo anziani si riteneva che la convivenza con dolore e disabilità motoria fosse un sopportabile “male minore” rispetto a sottoporsi a un intervento chirurgico considerato impegnativo.
Oggi si può dire che il “tabù dell’età” sia stato superato. La qualità delle moderne protesi unita all’impiego di tecniche chirurgiche microinvasive costituiscono fattori di rassicurazione importanti sulla riuscita dell’intervento e sulla brevità del recupero post-operatorio. Inoltre la moderna domanda di alti livelli di benessere e qualità della vita fa sì che l’autonomia motoria e la libertà dal dolore fisico siano esigenze diffuse nelle persone di tutte le età. Per tutti questi motivi la fascia anagrafica di persone che ricorrono alla chirurgia protesica dell’anca si è allargata e oggi effettuare interventi in pazienti sotto i quarant’anni e oltre i settanta è diventato molto frequente.
Per quei pazienti in età giovanile colpiti ad esempio da forme di coxartrosi precoce, magari a seguito di un incidente, la protesi d’anca rappresenta spesso l’unico modo per tornare a una situazione di normalità e ripristinare una buon livello di vita. Il recente caso di Marius è emblematico: Marius è un paziente di 39 anni che da adolescente ha subito un forte trauma al bacino. L’incidente gli ha procurato una lunga convivenza con dolore, artrosi e un’evidente zoppia. Grazie a un’artroplastica totale dell’anca, effettuata dal Dottor Paolo Filippini, Marius ha riacquistato una corretta deambulazione ed è tornato a una vita del tutto normale: il video-racconto della sua storia ha fatto il giro del web e ha ricevuto decine di migliaia di visualizzazioni.
Come si svolge un intervento di protesi d’anca
Prima di sottoporsi a un intervento di chirurgia protesica dell’anca è necessario effettuare alcuni esami preliminari di routine come analisi di sangue e urine, elettrocardiogramma, radiografia del torace, visita anestesiologica.
Le principali fasi dell’intervento chirurgico vero e proprio sono principalmente sei e consistono in:
Lussare l’anca malata per poter intervenire singolarmente sulle diverse parti dell’articolazione;
Sezionare la testa malata del femore e asportarla;
Ricreare una regolare cavità emisferica nell’acetabolo deteriorato, lavorando accuratamente l’osso con un apposito strumento chirurgico;
Fissare nell’acetabolo la componente protesica cotiloidea della dimensione adeguata;
Introdurre lo stelo della protesi all’interno del canale femorale;
Assemblare lo stelo con la testina femorale e alloggiare definitivamente la nuova protesi nella coppa acetabolare artificiale.
Esistono più vie di accesso chirurgico per eseguire l’intervento di protesi anca. A grandi linee si distingue tra una via d’accesso anteriore, laterale e posteriore. La scelta dipenderà dalle necessità specifiche dell’anca interessata e dalla scuola di pensiero del chirurgo.
La dimensione dell’incisione chirurgica è solitamente di 10-15 cm, ma sempre più spesso, soprattutto in soggetti giovani, si prediligono mini-incisioni di circa 6-7 cm che permettono quindi l’introduzione della protesi d’anca con tecnica chirurgica mini-invasiva, con conseguente minore perdita ematica, cicatrice meno visibile e tempi di recupero più veloci.
La durata dell’intervento è di circa un’ora anche se complessivamente il paziente rimane in sala operatoria tra le due e le tre ore, per consentire prima un’adeguata preparazione anestesiologica (periferica o generale) con installazione su lettino operatorio e dopo una corretta gestione del risveglio con un accurato monitoraggio dei parametri vitali e del drenaggio.
Come in tutte le operazioni, anche in questo caso bisogna tenere conto di eventuali fattori di rischio quali dismetrie, instabilità articolare, danni nervosi o vascolari, infezioni superficiali o profonde. In questo ultimo caso, se i trattamenti antibiotici mirati non risolvono la situazione, sarà necessario l’espianto della protesi. Tuttavia, la protesi d’anca è ritenuto oggi uno degli interventi più sicuri in chirurgia ortopedica e le sue probabilità di successo sono altissime.
La ripresa funzionale dell‘anca operata è di solito abbastanza rapida. Si inizia nella stessa giornata dell’intervento una leggera ginnastica a letto con l’aiuto del fisioterapista. In seconda giornata post operatoria il paziente può iniziare ad alzarsi e camminare in autonomia, assistito dai bastoni canadesi. Nella maggior parte dei casi, dopo 4 o 5 giorni, il paziente può lasciare il ricovero per tornare autonomamente al proprio domicilio.
Durante i 30 giorni successivi all’operazione è comunque importante prendere alcuni accorgimenti per una convalescenza serena. Innanzitutto si consiglia di effettuare delle sedute di fisioterapia miranti alla rieducazione articolare e al recupero del corretto uso dell’anca e della deambulazione. Gli esercizi possono essere svolti presso centri medici specializzati in riabilitazione motoria o a casa propria, con l’assistenza di un fisioterapista a domicilio.
Per il primo mese post operatorio, si raccomanda di evitare alcune attività e movimenti come guidare, rimanere in piedi troppo a lungo, sedersi in sedie e divani troppo bassi, tagliare le unghie, infilare scarpe e calze, praticare sforzi eccessivi, dormire sul fianco operato. A conclusione del periodo di rieducazione viene fissata una visita di controllocon il chirurgo corredata da RX per verificare che tutto proceda per il meglio.
Ritorno alla normalità con la protesi d’anca
Le persone operate di protesi all’anca di solito non hanno bisogno di un ciclo di riabilitazione particolarmente lungo. L’esercizio più importante, oltre alla fisioterapia, è quello di tornare gradualmente ad utilizzare l’anca nello svolgimento delle sue regolari funzioni e in pieno appoggio. Quindi si può affermare che non c’è rieducazione migliore del camminare.
Di solito nell’arco di due o tre mesi è possibile riprendere la maggior parte delle normali attività quotidiane. I tempi d’attesa per il ritorno al lavoro dipendono molto dal tipo di attività che si svolge: un impiego d’ufficio non richiederà più di trenta giorni di convalescenza, mentre per tornare a svolgere un lavoro caratterizzato da sforzo fisico o da lunghe ore in piedi potrà volerci più tempo. Dopo 40 giorni circa la maggior parte dei pazienti può nuovamente guidare l’auto con serenità.
La ripresa di una regolare vita sessuale dopo l’intervento è soggettiva: negli uomini di solito basta aspettare non più di due o tre settimane, mentre per le donne può essere indicato attendere anche due mesi, perché più esposte al rischio di lussazione dell’anca operata.
Dopo 3-6 mesi circa, a seconda delle peculiarità dei diversi pazienti, sarà possibile riprendere tranquillamente a fare passeggiate, a marciare e a praticare un’attività fisica moderata.
Convivere con la protesi d’anca non comporta particolari fastidi o problemi nella vita di tutti i giorni, basta fare attenzione a una serie di cose. Ad esempio bisogna ricordare di portare sempre con sè un certificato medico in aeroporto, perché le componenti metalliche della protesi solitamente fanno scattare il metal detector all’imbarco. E’ bene inoltre non cimentarsi in sport che possano sollecitare eccessivamente l’impianto protesico: ad esempio sono da evitare sci, equitazione, calcio, pallavolo e pallacanestro. Bene invece nuoto, golf, yoga, ginnastica leggera e simili.
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